Malati di... tifo
I recenti giochi olimpici di Rio de Janeiro hanno coinvolto tutti gli italiani in una febbre spasmodica per gli atleti azzurri; tutti tifavano per i nostri connazionali impegnati nelle varie gare. Vogliamo vedere, dunque, che cosa significa esattamente tifare e come è nato questo verbo? Chiediamo aiuto al DELI.
«Il greco τύφος, typhos, di origine indeuropea, indicava, propriamente, un fumo, un vapore ma anche, metaforicamente, un offuscamento dei sensi ed era riferito a febbri che portavano il malato a uno stato di stupidità.
Il trapasso a passione sportiva pare debba passare per l'intermedia espressione militare 'fare lo svenevole'. Mette conto di segnalare anche l'ipotesi di un accostamento allo spagnolo tifus che nel gergo teatrale indica lo 'spettatore con biglietto gratuito' e portato, quindi, ad applaudire con slancio.
Tifo, accolto in epoca non troppo lontana nella lingua sportiva, come generica indicazione di 'malattia contagiosa' ha subíto lentamente una trasformazione, scivolando nella nuova accezione di 'passione sportiva' (..); alla base di tifo e tifoso è probabilmente una metafora nata dal confronto dell'alzarsi periodico delle febbri tifoidi con la febbre sportiva che ogni settimana esplode negli stadi.
Da tifo (o viceversa?) è nato il verbo tifare, cioè fare il tifo per un atleta o per una squadra e, per estensione, essere fautore, sostenitore di qualcuno.
Il gotha di...
Molto spesso ci capita di ascoltare nei servizi dei vari radiotelegiornali o di leggere sulla stampa frasi del tipo: «Alla cerimonia è intervenuto tutto il gotha della finanza». Vogliamo vedere che cosa è questo 'gotha'?
Occorre precisare, innanzi tutto, che 'gotha' è l'abbreviazione dell'«Almanacco di Gotha», che si stampava nella città tedesca di Gotha, appunto, fino al 1944.
In origine quest'almanacco conteneva le genealogie dei regnanti d'Europa e di tutti i nobili tedeschi; poi, via via, quelle dell'aristocrazia di altri Paesi e degli ordini cavallereschi.
In senso figurato fanno parte del gotha, quindi, coloro che rappresentano la massima autorità in un determinato campo: il gotha degli scrittori; il gotha degli industriali; il gotha della finanza e via dicendo.
Wikipedia.org - Almanacco_di_Gotha
Il gotha della lingua? L'avverbio
Ho letto l'intervento precedente sul gotha, cortese direttore della rubrica, e vorrei dirle che — a costo di essere tacciato di presunzione — io mi sento di appartenere a quel mondo, precisamente al gotha della lingua. Perché? Perché la mia presenza, anche se non è indispensabile come quella del verbo, dà un certo prestigio tanto ai discorsi quanto agli scritti.
Sono, infatti, l'avverbio: quella parte invariabile del discorso che — come sono soliti definirmi i miei biografi — serve a modificare il significato di un verbo, di un aggettivo o di un altro avverbio.
Il mio nome discende dal nobile latino, il padre della nostra lingua, ad verbum (accanto al verbo) perché, in linea di massima, mi trovo sempre vicino al verbo. Prima di questo o dopo. Posto prima, però, do una maggiore efficacia espressiva al discorso: cordialmente ti saluto.
A differenza del verbo — come accennavo all'inizio — la mia presenza non è indispensabile, il discorso fila lo stesso: ti saluto o cordialmente ti saluto, a prima vista, è la stessa cosa. Con me, però, il saluto acquisisce un pizzico di nobiltà, non è un semplice saluto, è un saluto cordiale. Il mio impiego ha modificato in meglio il verbo salutare, potremmo dire che lo ha precisato.
Per la mia funzione, quindi, a seconda delle 'precisazioni' o modificazioni che apporto al significato del verbo, mi divido in otto gruppi: avverbio di modo; di tempo; di luogo; di affermazione; di negazione; di quantità; di dubbio e aggiuntivo.
Quest'ultimo, il cui nome è forse poco conosciuto, si chiama cosí perché aggiunge qualcosa al valore dell'azione (anche, pure, perfino ecc.). Sono facilmente riconoscibile nel corso del discorso o della frase perché ogni gruppo del quale faccio parte risponde a una precisa domanda sottintesa. Ti saluto cordialmente : ti saluto (come? domanda sottintesa; cordialmente, risposta). Cordialmente è, per tanto, un avverbio di modo o maniera.
Ancora. Partirò domani. Partirò (quando? domani, avverbio di tempo). Alla cerimonia c'era anche (avverbio aggiuntivo) il gotha del mondo culturale. Un'ultima annotazione alla quale tengo moltissimo.
Quando finisco in -one o -oni posso essere preceduto o no dalla preposizione a: tentoni, cavalcioni, carponi ecc. Per non sbagliare, quindi, consultate un buon vocabolario.
Grazie, direttore, della sua ospitalità e un cordiale saluto ai suoi amici lettori.
L'Avverbio

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